giovedì 1 aprile 2010

Acqua bene comune (2^ e ultima puntata)

Dopo il pirotecnico proemio dell’autorevole esponente della maggioranza (vedi Post del 30 marzo 2010, ricordate la Guerra Civile?), la serata è continuata all’insegna del pressappochismo e della disinformazione più plateale. Si è parlato molto spesso (dai banchi della maggioranza e, ricordatevi, registrazione audio della serata sempre all’orecchio…) di:

1) mercificazione dell’acqua

2) regalia ai privati

3) passaggio del capitale in mano ai privati…

Bene: passino le prime due espressioni che in un contesto dialettico politico ci possono stare, ma alla specifica richiesta di cosa si intendesse per passaggio di capitale dalle mani pubbliche a quelle private, sentite come ha risposto il Sindaco:

“…e quindi, per rispondere al consigliere (che aveva posto il quesito, ndr), il privato compra il 40% della società e quindi, compra il 40% dei beni…”.

Stando alla spiegazione del Sindaco, il privato entrerebbe in società con l’Ente pubblico e acquisterebbe il 40% dei beni. Quindi: rete distributiva (tubazioni, centraline, impianti tecnologici), immobili di vario genere, attrezzature, etc..

Bugie. Grossolanità. Siamo alla fiera della più totale disinformazione.

Vediamo assieme, allora, cosa prevede il Decreto Ronchi

Innanzitutto, distinguiamo. Da una parte c’è l’acqua con la sua rete distributiva. Dall’altra c’è la gestione dell’acqua. Quindi:

1) una cosa è la risorsa acqua,

2) altra cosa è come questa viene gestita.

Ecco allora che:

1) La legge prevede che la proprietà della risorsa acqua e delle reti sia e rimanga pubblica. La legge prevede anche che sia di esclusiva competenza delle istituzioni pubbliche il governo della risorsa acqua e delle reti distributive. Le autorità d’ambito (organi formati da tutti i Sindaci di tutti i Comuni di ogni Provincia) stabiliscono (e stabiliranno in futuro) gli investimenti, determinano (e determineranno) le tariffe, affidano (e affideranno) il servizio alle società di gestione, approvano (ed approveranno) il regolamento di fognatura, approvano (ed approveranno) le carte del servizio a tutela dei diritti dei cittadini-utenti. Il pubblico , in conclusione, avrà in mano tutte le redini per governare l’intero sistema.

2) Per la gestione, invece, qui sì, c’è il privato. La legge prevede fra le forme principali dell’affidamento del servizio la costituzione di società miste pubblico-private, con il privato con quote non superiori al 40%. Ma solo nella società di gestione!!! L’acqua, rimarrà sempre bene pubblico per eccellenza!

E ora, avviandoci alla conclusione.

Possiamo auspicare che con l’ingresso, sia pure minoritario del privato nella gestione del servizio idrico, si introducano o si rafforzino concetti quali l’economicità e l’efficienza al fine di determinare minori costi gestionali e, quindi, minori aumenti delle tariffe.

Qui, lo ripeteremo fino alla noia, non c’è nessun pericolo che l’acqua venga privatizzata, ma paventare la possibilità che questo pericolo si realizzi serve solo a fare disinformazione. Bene, la maggioranza consiliare (registrazione alla mano) ha fatto disinformazione: propagandistica e dimostrativa.

L’auspicio è che, messe da parte le polemiche, tutti collaborino per coniugare i criteri gestionali di economicità, efficacia ed efficienza, con i principi di universalità, equità e giustizia nell’uso della risorsa acqua.

Si può essere d’accordo o meno sulla privatizzazione nella gestione, ma non si possono raccontare balle per tirare l’acqua (l’espressione cade a fagiolo) al proprio mulino.

Giusto per la precisione.


Uto/Alberto/L’Altrametà.


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